domenica 17 settembre 2017

Una settimana ad Arborea.




E' passato un bel po' di tempo da quando ho cominciato a disegnare dal vero - circa due anni - e adesso posso dire di conoscere davvero bene tutto il circondario di Oristano, o per lo meno, di averlo esplorato in lungo e in largo.
 Per cercare nuovi scorci e nuove vedute ho battuto ogni stradina sterrata della periferia cittadina, in macchina e in bicicletta, ho adocchiato il retro di ogni condominio che si affacci su canneti o  prati, e diversi campi incolti o coltivati hanno ospitato la mia ombra e il mio cavalletto. 
Una volta affrontati ed esauriti i soggetti più vicini alla zona in cui abito mi sono a poco a poco spostato verso sud, verso le distese di risaie, verso il porto e i suoi enormi capannoni ( dove sono tornato parecchie volte e realizzato per la prima volta un dipinto ad olio en pleinair), verso le paludi salmastre ricche d'acqua o imbiancate dal sale, gli stagni, la flora e gli uccelli che li popolano, le pinete, i campi coltivati a grano, i canali di irrigazione, ed eccomi arrivato ad Arborea.




Il canale che attraversa la via principale del paese.




I tetti di due strutture e del campanile della chiesa che si affacciano sulla principale piazza del paese.



La prima volta che vidi Arborea ero un bambino delle scuole elementari, ci andai in gita scolastica. 
Ricordo una strana sensazione di quella giornata; mi sembrava di essere in un luogo lontano da casa e fuori dal tempo, e forse, per la prima volta in vita mia, ho creduto di trovarmi fuori dalla Sardegna. Ma per un bambino di sei anni quale ero io cosa poteva essere la Sardegna? Non certo un luogo geografico o una cartina appesa a un muro quanto piuttosto qualcosa di familiare e di "conosciuto".


"La locanda del gallo bianco", un albergo storico che si affaccia sulla piazza del paese.



Un Ficus enorme si staglia nella piazza del paese, sullo sfondo le scuole elementari.



La passeggiata che costeggia un tratto del canale.



Ma oggi quella sensazione di disorientamento è decisamente attutita se non sparita del tutto, e si accompagna, semmai, ad un opposto sentire; quando passeggio per le vie di questo paese mi sembra quasi di sentirmi a casa. Saranno le ville storiche in stile neogotico e liberty, le belle architetture del mercato civico e delle scuole?  
Arborea appare compostamente immersa nella natura. Sopratutto lungo la via principale in cui scorre il canale abbellito da ninfee e pesci rossi, incorniciato da due file di Alberi e aiuole, fiancheggiato da una pista ciclabile e dalla passeggiata su cui si affacciano le ville storiche e il palazzo della Società Bonifiche Sarde anch'essi circondati di verde.   
Mentre disegnavo tranquillamente di fianco al canale, oltre alle macchine e ai trattori che passavano lungo la via principale, di tanto in tanto sentivo i rumori dei pesci che cercavano da mangiare tra le ninfee, lo sbattere d'ali dei piccioni che facevano la spola tra i tetti, gli alberi e le sponde del canale, sentivo il rumore delle foglie degli alberi mosse dal vento, poi vedevo qua e là qualche gatto zampettare stancamente o riposarsi all'ombra di qualche aiuola, e sopra tutto un forte odore di concime animale di cui l'aria era costantemente pregna.
Insomma, il verde e la natura:  questi giorni mi ci sono sentito immerso tal punto che ho sentito la necessità di aggiungere una nota di questo colore ai miei disegni, per sottolineare, con cautela, la naturale vitalità del paese. 


Ex silos, e sulla sinistra, il vecchio mulino.



Uno studio delle linee di forza, una sperimentazione  realizzata con le matite colorate suggeritami dalla ricca vegetazione del paese.




Mi è sembrato, andando a disegnare ad Arborea, di tradire i miei soggetti prediletti: aree urbane, palazzi, strutture industriali, grandi architetture, luoghi desolati o abbandonati. Arborea infatti è troppo rilassato per i miei gusti artistici, troppo serena, troppo perbene, troppo benessere, troppa natura.
Ma, come detto sopra, avere esaurito i soggetti interessanti in qualche modo mi ha costretto a esplorare una nuova dimensione, altri soggetti, altri temi, altre atmosfere. 
Credo che il bianco e nero si presti in qualche modo a narrare e raccontare il soggetto, mentre il colore abbia una maggiore capacità introspettiva; il bianco e nero racconta, il colore esprime. Un bravo pittore che attraverso l'esperienza arrivi a conoscere la vita del colore potrebbe abbandonare i soggetti e lavorare sull'astratto col calore emotivo e con lo spirito, o continuare a servirsi dei soggetti come semplici spunti per lavori capaci di esplorare a fondo l'animo umano. Dall'esperienza del fumetto ho ereditato la necessità di raccontare o mostrare qualcosa dell'epoca che vivo, un soggetto riconoscibile da tutti. Ma poichè alla fine è sempre dell'uomo che si parla e non solo di ciò che è capace di costruire, è altrettanto importante per me che un lavoro riesca a parlare al di là del soggetto, attraverso quel tratto e quelle dinamiche visive che esprimano la vita di quegli  sconosciuti e intoccabili stati dell'animo custoditi in chissà quale recondito spazio interiore. Un famoso fumettista Italiano, Gipi, ha detto di aver trovato il proprio stile nel momento in cui ha smesso di cercarlo, e in fondo credo di essere in qualche maniera vicino a questo stadio della mia esperienza artistica, e questo mi fa sentire un po' disorientato, turbato, insoddisfatto e privo di riferimenti sicuri, ma in questo spazio di incertezze che non è altro che il fuoco della natura umana, credo che risieda la maggiore libertà espressiva che si possa chiedere a se stessi.    




Appunti.

Una seconda veduta realizzata con l'aggiunta di macchie di acquerello verde.



















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