Potrei raccontarvi di quella volta che stavo in mezzo al mare sullo yacht di Briatore. Come ci ero finito? E’ molto semplice, due anni fa decisi di soggiornare per due giorni nella zona di Palau alla ricerca di soggetti marini, yacht, gommoni, rocce e mare infinito. Il primo giorno ero finito al porticciolo di Palau, attirato dalle verticali degli alberi, dalle vele, dal cielo chiazzato di nuvole.
Cominciai a dipingere con poca convinzione un acquerello che rappresentava uno yacht mentre entrava al porticciolo di Palau, e sullo sfondo le rocce immense dell’isola di Tavolara. Alla fine venne fuori un ottimo lavoro, nonostante la mia scarsa concentrazione dovuta ai numerosi turisti che passavano di li per andare a imbarcarsi nei traghetti che facevano il giro delle isole, ma si sa, “C’est la peinture en plein air”. A metà pomeriggio, mentre stavo ultimando l’opera, Briatore passò lungo il molo dove mi ero organizzato la seduta. Stava insieme a un tizio basso con due basette lunghe così, che poi scoprii essere il suo cuoco di fiducia. Si fermarono a guardare l’opera e Flavio riconobbe subito il suo yoth e volle comprare senza indugio il mio lavoro. Andammo a prendere un aperitivo in un locale poco distante e decise di ospitarmi per la giornata successiva, a bordo della sua imbarcazione.
Il giorno dopo faceva un caldo insostenibile, era una giornata di pieno Agosto e avevamo appena finito di consumare un gustoso aperitivo a base di melone con prosciutto crudo dolce, ostriche, le batufòn francesi di prima scelta sgusciate a freddo, formaggi caprini di alta qualità, verdure d’oriente e prosecco delicato ma deciso. Briatore si era mostrato come un uomo rude, sbrigativo, ma dietro la corazza dell’imprenditore trasparivano dei guizzi di insospettabile e colta sensibilità. Ogni tanto faceva delle battute che non capivo e sorridevo per cortesia. Sull’imbarcazione c’eravamo solo lui, io e il cuoco, che in quel momento sonnecchiava nell’upper deck. Mi disse subito che amava guidare “Il mastodonte acquatico” e lo vidi attento, sveglio e preciso mentre mi mostrava i comandi della cabina di pilotaggio.
Apprezzai tutte quelle raffinatezze che il cuoco ci descrisse un ad una con gran perizia. Ma tenendomi leggero perché volevo fare un tuffo in quel mare profondo e tranquillo.
Mentre Briatore leggeva svogliatamente i messaggi sul tablet e fumava un sigaro, mi butto nell’acqua fresca, faccio un paio di bracciate e mi allontano di una ventina di metri dallo yacht.
Quel mare sembrava chiamarmi, in mezzo al vuoto, nel nulla del blu. Era strano che Briatore mi avesse portato fin laggiù, ma non mi importava. Il mare era completamente piatto, non c’era un filo di vento, nemmeno un gabbiano nel cielo, attorno era silenzio. Mi rilasso nella posizione del morto per almeno cinque minuti o forse dieci o quindici, non so esattamente, ero quasi in uno stato di pace spirituale. Mi desto dolcemente da quello stato di incredibile e sonnecchiosa pienezza e mi immergo sott’acqua per risvegliarmi e con gran sorpresa vedo a una distanza di poche braccia da me, i tre giganti del mare: una balena, una razza e un polipo, c’era anche uno squalo in lontananza. Ero spaventato e incantato da quelle enormi presenze. Lo squalo frattanto si avvicinò e mostrò la sua pinna al sole. Briatore si accorse subito che c’era qualcosa che non andava….Mi diede un urlo, io mi girai di scatto e vidi, abbagliato dal sole, la figura di Briatore sul ponte della yoth, aveva qualcosa nel braccio proteso verso il cielo, non capivo cosa fosse finchè non lo lanciò verso di me gridando “Li voglio! tutti e tre qui sul ponte, avanti!”. Presi il fucile da sub automaticamente, senza pensare. Non capii subito che cosa volesse Briatore. Intanto la balena, la razza e il polipo volteggiavano attorno a me dolcemente, era uno spettacolo che mi lasciava col fiato sospeso, li osservai per un minuto intero prima di decidermi a prendere la mira e colpire Briatore su un fianco per poi vederlo rantolare sul ponte assolato.
Risalii sulla barca e lo osservai senza pensare a nulla mentre si sforzava di allungare un braccio verso me, voleva aiuto o intendeva difendersi da me? Aveva uno sguardo disperatamente interrogativo. Il cuoco non si era accorto di nulla. Mi domandai come fosse possibile, come lui avesse comprato il mio acquerello, dicendo che era bellissimo e che lo emozionava, lo avevo veduto mentre lo contemplava ammirato e mi diceva che era capace di portare il suo sguardo e la sua mente altrove, in luoghi sconosciuti… e adesso invece aveva voluto che uccidessi una balena, un polipo e una razza. Forse prima di colpirlo avrei potuto parlarci, forse avrei potuto fargli capire l’assurdità e la violenza di quell’intenzione malata, forse mi ero sbagliato e non intendeva ucciderli davvero. Forse voleva che uccidessi solo quello squalo che ancora girava attorno all’imbarcazione? Eppure avevo sentito distintamente mentre diceva “li voglio qui tutti e tre”. Cominciai a pensare di essere impazzito.
Ma era Briatore il pazzo, quello vero, uno psicopatico pieno di soldi capace di capricci disumani. Ma
io perché avevo imbracciato il fucile senza tentennare, sapendo che lo avrei usato, ma su cosa, e perché? Forse… per un attimo… ho pensato di potermi impadronire di quegli esseri marini? no, questo no. Ma come avevo potuto colpire colpire un uomo senza indugiare? volevo ucciderlo?
Presi le mie cose e mi allontanai col gommone di poppa per dirigermi verso la spiaggia più vicina. Stavo scappando. Mi resi conto a poco a poco di quello che era successo e cominciò ad assalirmi un’angoscia che non dimenticherò facilmente. Verso il tramonto toccai terra in una caletta sconosciuta, abbandonai il gommone e non ricordo più in quale modo e con quali mezzi e con quanto tempo ritrovai la mia automobile per poi tornare a casa a duecento kilometri da Palau.
A casa ero sconvolto; aspettavo un'irruzione della polizia da un momento all’altro, i giornalisti che invadevano la casa e la mia vita sconvolta. Non successe nulla. Briatore scomparve dalla scena pubblica per qualche tempo, i giornali dicevano che stava curando una brutta malattia. Vissi nel panico per un mese, fino a quando non ricevetti una lettera.
Era Flavio Briatore, mi chiedeva scusa per aver tentato di coinvolgermi in quell’orribile desiderio. Si confessava sorpreso e schifato di se stesso e scriveva che non meritavo il carcere perché la mia reazione era stata “giusta”. La lettera si concludeva con delle acute considerazioni sull’acquerello che aveva acquistato e che aveva nel frattempo appeso nel salotto della sua villa Milanese: “…adesso osservando l’acquerello”, spiegava, “vedo due profondità; quella della natura, quieta ma spietata, e quella dell’animo umano, che può essere dolce o diabolica, e mi domando quale di questi due lati mi appartenga maggiormente, ma non so darmi risposta.”
Ecco. Questa è stata la mia esperienza con l’uomo conosciuto come Flavio Briatore. Non so perché ho deciso di parlarvene qui, forse perché anch’io mi sento colpevole, mi sento in qualche modo complice di qualcosa di abominevole, e cerco una confessione, non so. Ad ogni modo, questo è quanto.
Anche i Briatori, in fondo , hanno un cuore.
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