sabato 14 marzo 2020

Dialoghi immaginari al tempo del Coronavirus



- Ma lei? Cosa sta facendo qui?
- Io? Dipingo.
- Dipinge.
- Sto dipingendo.
- Ma perchè dipinge qui? Si rende conto di quello che sta facendo? Perchè non dipinge a casa sua?
- Perchè all'aperto è più bello e poi mi piace questo fiume...
- E se tutti facessero come lei? Se tutti venissero qui a dipingere? Intendo dire proprio tutti: bambini, giovani, adulti, anziani, tutto il paese qui a dipingere come lei. Si rende conto della situazione che si creerebbe, a stare tutti così vicini? Perchè qui non ci sarebbe abbastanza spazio ovviamente, e tutti dovrebbero stare vicinissimi gli uni con gli altri, necessariamente, e quella sarebbe una grave situazione di pericolo. Ho ragione o no? questo lo capisce?
- Si, ma mi sembra piuttosto improbabile che a "tutti" improvvisamente, dal nulla, gli venga in mente di dipingere e vengano proprio qui a farlo.
- Ma stia a casa a dipingere, su, per piacere! Dipinga ciò che ha in casa, dei fiori, una pentola, un posacenere, ci son tante cose a casa!


-Ma in verità non ho tante cose a casa e poi a me piace dipingere questo; le canne, l'acqua, le nuvole, sono i miei soggetti preferiti.
- Ma insomma, un piccolo sacrificio! Andiamo, su! E io cosa dovrei dire allora? A me piace andare in biblioteca e stare lì a leggere. Al caldo, seduto comodo sulle sedie imbottite. Immagini se tutti, ma proprio tutti, bambini, giovani, adulti, anziani, tutto il paese dico, tutto in biblioteca! Tutti dentro a leggere un libro, una rivista, un saggio, un romanzo, eh? Cosa succederebbe? Se la immagina la situazione? Se lo immagini. Mi dica lei, capisce il rischio a cui si andrebbe incontro? E' troppo pericoloso. Ma io sto a casa, io leggo a casa mia, così è giusto, così si fa.
- Ma quando mai adesso, tutti in biblioteca... nessuno ha voglia di andare in biblioteca!
Bisogna fare dei sacrifici. Prenda mio fratello; a mio fratello piace andare a teatro, all'opera, Gli piacciono le opere di Mozart, Leoncavallo, Boccherini.
- Anche a me piace andare a teatro.
- Bravo! e allora si immagini se tutti andassero a teatro: tutti insieme: bambini, giovani, adulti, anziani, operai dottori avvocati fruttivendoli salumieri netturbini notai, tutto il paese, tutti all'opera, tutti dentro il teatro! si immagina quanto sarebbe rischioso? tutti troppo vicini, e prima che l'opera cominci, prima che s'alzi il sipario, tutti a ridere e chiacchierare, ad alitarsi in faccia, poi li voglio vedere dopo, a casa,  li voglio vedere quando staranno male se avranno ancora voglia di chiacchierare!
- Non ci sono nemmeno teatri qui perciò proprio il problema non si pone.
- Ma non importa! E' il concetto quello che conta, il concetto! Si immagini se adesso tutti andassero a passeggiare in montagna, nei prati, nelle valli o sulla cima del monte. Si immagina? Guardi che le montagne non sono così grandi. Guardi che le montagne sembrano grandi ma ci vuole poco a riempire una montagna. Metta che i bambini, i giovani, gli adulti e gli anziani decidano tutti così, scriteriatamente, di andare a fare una passeggiatina in montagna, in mezzo alla natura, in mezzo agli uccellini e ai cervi: "E tanto una passeggiatina cosa mi farà mai?" e Tutti ragionano così, e tutti si fanno la passeggiata, medici avvocati notai fruttivendoli netturbini operai salumieri camionisti. Tutti, tutti, tutti in montagna.
- Ma è impossibile che tutti vadano in montagna nello stesso momento!
- Le dico che i sentieri si riempirebbero in fretta, non ci sarebbe spazio per camminare e allora cosa farebbe la gente? Tutti lì nei boschi, nei prati, a fianco ai ruscelli e magari seduti sulle rocce a
a gozzovigliare, a mangiare uova sode e bere vino e birra, a ridere e chiacchierare, a prendere il sole e, inevitabilmente, alitarsi in faccia. Alitarsi in faccia! E i bambini che corrono sui prati e si buttano a terra per giocare, urlando e ridendo, e intanto si toccano! tutti contenti e felici. E certo, toccatevi pure, bravi, bravi. E poi se ne rientrano a casa. E a casa cosa succede? Succede che stanno male! E si direbbero, disperandosi e pentendosi: "Ma chi me lo ha fatto fare di andare in montagna, chi?" Lei è questo che vuole? Secondo lei è giusto? Lei andrebbe in montagna?
- Io in montagna ci vado quando mi pare e piace.
- A beh, certo. Lei è tranquillo, lei si sente sicuro così.
- Ma insomma, non proprio.


- Magari lei va anche a correre o in bicicletta, va a fare gli esercizi vero? ma si immagini lei se tutti andassere a correre e fare esercizi e stretching? Bambini, giovani, adulti, e anziani che si vogliono tenere in forma, tutti a fare esercizi; operai avvocati medici notai macellai grossisti fruttivendoli allevatori contadini matematici taxisti autisti infermieri,  tutti i lavoratori di questo mondo, tutti, pure quelli in pensione, a correre e fare esercizi. Magari qui in questo parchetto. Sarebbe pieno di gente. Gente che sbuffa, che alita, che suda. Quanto sudore ci sarebbe nell'aria... sarebbe completamente ammorbata. E tutti a sbuffare per tenersi in forma, e poi a casa, e a casa che succede? Succede che si pentono! Perchè si ammalerebbero, ecco quello che succederebbe! E li voglio vedere allora se ci pensano due volte prima di andare a correre dopo che si ammalano, li voglio vedere!
- Guardi non c'è proprio questo pericolo che tutto il paese si decida a venire qui a correre.
- Ma non è questo che voglio dire! E' il concetto, mi capisce? il Concetto! Io l'ho vista anche ieri qui, me ne sono accorto, l'ho vista. E stava meditando, mi sbaglio? Io conosco la meditazione guardi, ho intuito che lei stava qui in riva al fiume a meditare. E non va bene. Ma perchè non medita a casa sua? lei si immagina se tutti, bambini, giovani, adulti, anziani...
- Ma lei invece? Ora glie la faccio io una domanda.
- Io? Io cosa?
- Dico, lei cosa è venuto a fare qui?

END

domenica 8 marzo 2020

Io, Goethe e il Situazionismo.

Mi è venuto in mente di postare qui sul blog i ritratti di quei personaggi storici, scrittori, artisti saggisti, che hanno lasciato qualcosa in me e hanno segnato il mio percorso artistico e di vita.
Allora comincio oggi con una importante figura del secondo 900, forse un po' sottovalutata o comunque poco conosciuto:
Guy Debord.






Guy Debord è stato uno dei più importanti esponenti del Situazionismo, l'ultima grande corrente avanguardistica del 900 che si proponeva di rivoluzionare la vita e la società.
Quando avevo 20 anni sono stato enormemente affascinato dal movimento Situazionista: il Dadaismo lo avevo esaurito, i futuristi mi stavano sulle palle, i surrealisti mi avevano incuriosito, i cubisti mi lasciavano perplesso, ma  tutti gli "ismi" erano comunque  interessanti perciò questo ultimo movimento che si proponeva come l'unico vero movimento rivoluzionario del 900 divenne per me un punto di riferimento. Perciò lessi "La società dello spettacolo", importante saggio scritto appunto da Debord, che diventò quasi (dico quasi) una bibbia del mio approccio all'arte, e mi comprai addirittura la raccolta di tutte le uscite de "L'internazionale Situazionista", che fu la rivista principale del movimento dal 1958 al 1969.






In quello stesso periodo vissi a Firenze per circa due anni, e alla libreria Feltrinelli della città, che mi piaceva frequentare perchè era gigantesca, trovai una rivista di critica e saggistica che si presentava con enigmatiche copertine, si chiamava "Invarianti", e vi si trovavano articoli di antropologia, estetica, geopolitica, ma oviamente era il tono della rivista a risultare attraente. Era una rivista Italiana e la sua prospettiva culturale era per l'appunto di area Situazionista. In particolare ricordo un lungo articolo di approfondimendo sul fenomeno "Luther Blisset", che tendeva a smascherarne gli autori e mettere in luce il suo aspetto più truffaldino e illusoriamente rivoluzionario. Come i Situazionisti, il gruppo di intellettuali di invarianti sparavano colpi duri in maniera elegantemente sprezzante, creativa e spietata.






Io utilizzavo il situazionismo per spostare il mio sguardo, vedere le cose da un'ottica nuova, e poi c'era onnipresente nel movimento questa spinta a rivoluzionare la società, l'arte, le persone, l'architettura delle città. Tutto doveva cambiare, perchè la società dei consumi era una società diabolica e malata, che rendeva le persone spettatori passivi e beoti, ed io mi ritrovavo in questo sguardo perchè il mondo attorno a me non mi dava alcuna soddisfazione e allora dentro di me pensavo che " ...se non ho soddisfazione allora è la società che fa schifo, deve cambiare qualcosa!" E dunque pensavo che l'arte dovesse contribuire a cambiare la società, pensavo che un'artista dovesse fare arte sulla spinta di questo presupposto. Oggi non faccio più arte su queste basi. Non ho più delle basi "stabili" in verità, ma sento che così vado molto più a fondo perchè credo che la principale base del mio fare arte è data da ciò che sento; la pittura e l'arte per me ora è come una infinita orchestra interiore che cerca di accordarsi. Non per suonare una bella sinfonia, ma per trovare un'armonia, un suono che si senta completo e vibri nell'aria con equilibrio e abbia una sua vita composta da migliaia di strumenti.
Perciò oggi non so esattamente cosa ci sia in me di Situazionista o di Debordiano. Ma qualcosa credo che ci sia, e probabilmente chi mi conosce dirà che io sono situazionista fin dalla nascita.






 Mi viene in mente per esempio la psicogeografia, che è una metodologia di indagine dello spazio urbano teorizzata negli anni 50 dal movimento Lettrista, e che fu tanto cara ai Situazionisti, un attidune psichica prima ancora che culturale, di percepire lo spazio urbano, che Debord definiva in questo modo:
"Per fare una deriva (deriva psicogeografica ) andate in giro a piedi senza meta od orario. Scegliete man mano il percorso non in base a ciò che sapete, ma in base a ciò che vedete intorno. Dovete essere straniati e guardare ogni cosa come se fosse la prima volta. Un modo per agevolarlo è camminare con passo cadenzato e sguardo leggermente inclinato verso l'alto, in modo da portare al centro del campo visivo l'architettura e lasciare il piano stradale al margine inferiore della vista. Dovete percepire lo spazio come un insieme unitario e lasciarvi attrarre dai particolari."
Beh, questo è esattamente ciò che faccio quando vado in cerca di un soggetto. In particolare anch'io ho lo sguardo che tende verso l'alto! Perciò il mio vagabondare è decisamente una deriva psicogeografica. Questo momento di ricerca è molto importante per me, passo interi pomeriggi a girare "a vuoto", osservare e sentire me stesso attraverso le cose. E' in questo modo che ho guardato Oristano e che sono nati diversi lavori in B/N a tema urbano. E' in questo modo che osservo la città girandoci attorno, prendendo stradine di campagna per trovare nuovi angoli, nuove prospettive. E' in questo modo che mi becco valanghe di disagio esistenziale e spleen, che è parte del carburante che utilizzo per creare. Perciò più che rivoluzionario avanguardista, mi sento più Goethiano, più romantico, cioè mentre per le avanguardie la spinta al cambiamento e l'utopia è il motore della creatività, per me invece è il dolore, il disagio, la "noia" esistenziale il vero fuoco perverso dell'arte.

Qui maggiori informazioni a proposito di Situazionismo:
https://1995-2015.undo.net/it/magazines/1332427537