Qualche tempo fa ho scritto un post prendendo come spunto il caso Bocelli. Avevo scritto che anch'io mi ero sentito umiliato e offeso. Dopo le reazioni che ho suscitato (ovvero come se avessi bestemmiato nudo dentro la chiesa di San Pietro ) ho però cominciato a domandarmi se davvero mi fossi sentito così quando il Lockdown è stato emanato. A volte è difficile dare un nome a ciò che si prova, e in casi eccezionali come questo lo è molto di più e una parola spesso non basta e nemmeno una chiacchierata e forse nemmeno un giorno di terapia. Perciò sarebbe bello se potessi parlare serenamente di questo e sopratutto senza tendere a schierarmi da nessuna parte o voler confermare tesi, difendere approcci, o cercare conferme, ma se lo faccio è perchè è un fatto umano e anche utile alla società e a noi stessi. Perciò, siccome persino il Lockdown non è stato come una bomba esplosa da un momento all'altro, allo stesso modo i miei umori verso pandemia, quarantena, dispositivi e norme di comportamento etc. hanno seguito l'andamento della pandemia e dei vari decreti emanati. Perciò voglio adesso qui provare a riassumere come ho vissuto un po' tutto quell'arco di tempo.
All'inizio, quando si parlava del Covid ero scettico sulla sua gravità, e mi sorprendeva vedere come tutti seguivano la cosa e cominciavano ad allarmarsi e prospettare scenari che mi sembravano assurdi. Poi sono finito pure io in una specie di autoquarantena perchè un mio amico era stato male e avevamo avuto contatti e allora finalmente mi sentivo parte di quello che stava succedendo, mi hanno pure portato la spesa in casa, come si faceva a Milano o Bergamo, cioè eravamo dei casi da tenere sott'occhio, roba serissima.
Poi ci sono state le prime chiusure e quindi il lockdown e tutte le limitazioni e pensavo che fosse strano che i supermercati non chiudessero il sabato e la Domenica. Ero tranquillo anche se sempre scettico e non capivo la paura e l'allarme. Mi costruivo delle cretinissime mascherine con la carta da forno e pensavo "ma perchè cazzo queste mascherine non le fanno indossare a tutti?" Difatti, poichè le mascherine non erano obbligatorie e manco se ne parlava granchè nonostante il virus fosse ormai diffuso, sviluppai l'idea che le mascherine contribuiscono sì a non diffondere il virus, ma fino a pagina 2, per motivi che non starò qui ad approfondire. E tutt'ora lo penso. Perciò quando i vari sindaci che non sapevano che pesci pigliare, dopo due mesi che si parlava di questa benedetta pandemia, si sono svegliati cominciando a emanare leggi sull'utilizzo delle mascherine, la cosa mi ha preso male e la mia impressione fu che l'obbligo di mascherina non fosse altro che un surplus normativo deciso dai politici solo per far vedere che stavano facendo qualcosa per i cittadini. Ad ogni modo, per il famoso, adorato e quasi dogmatico principio di precauzione, le uso come le usano tutti, anche con una certa gratificazione, tutto sommato. Poi, e qui arriva il bello, il Lockdown è diventato sempre più serrato: chiusura di parchetti, chiusura delle sezioni di cartolibrerie e scolastica, varecchina per strada, mascherine all'aperto guanti etc. Queste notizie mi prendevano molto male. Poi la botta: non si può uscire di casa se non entro i 200 metri. E lì mi sono girato di coglioni. Ma molto, e ora lo posso dire, e quindi correggere il tiro rispetto a quanto ho boccellianamente detto, che mi sentii, tra i vari e contrastanti sentimenti, anche sopraffatto e impotente. Non ero più quello che si faceva le mascherine, era quello che doveva stare in casa. E tutte le menate sulla solidarietà, sul prendersi cura dell'altro, sulla paura dei cittadini, per me erano e sono menate televisive. Tutto questo lo faccio perchè sono un buon cittadino, non una brava persona. Beh si, forse sono anche una brava persona in fondo, ma...a questo punto sorge una domanda filosofico-antropologica: dove inizia la persona e dove comincia il cittadino? Mamma mia... questa è una bomba di domanda eh... quindi ora potrei dedurre di me stesso che sono uno stronzo insensibile, ma sono un buon cittadino. Ai posteri l'ardua sentenza. Ma ritorniamo al sentimento di sopraffazione, a quei duecento metri che dovevano essere il nostro spazio vitale. Io, che vivevo in un paesino di 1000 abitanti e che avevo la campagna a 200 metri, dove, anche quando non esisteva il coronavirus, non c'era anima viva per le strade, adesso non potevo uscire e farmi i SACROSANTI CAZZI MIEI.
A tutt'oggi, tutte le risposte che mi si danno a motivazione di questa disposizione e il fatto che fosse una cosa temporanea continuano a lasciarmi perplesso su quale ruolo e in quale tipo di gratificazione debba soddisfarsi un cittadino obbligatoriamente confinato nei duecento metri adiacenti la sua casa. Dopo questa misura restrittiva ho cominciato più seriamente a interrogarmi sulla libertà e se lo stato è in grado di privartene, se ce ne abbiamo una e dove la nascondiamo e come dovrei farne uso. Credo che le risposte a questo siano molteplici e mai definitive o completamente soddisfacenti. E' bello parlare di libertà quando lo stato te la garantisce, ma quando lo stato decide di usarla in virtù del fatto che te la garantisce, parlarne non fa più tanto piacere ma diventa una roba molto seria, per questo motivo, qualcuno preferisce concepirla come un illusione o come un condizionamento e circoscriverla unicamente al campo spirituale. Credo che la libertà abbia a che fare coi sentimenti e con la responsabilità individuale, oltre che con le leggi dello stato. Con me non funziona la frase spirituale "Tu sei libero se lo vuoi". Con me funziona la frase: "tu stai male e molto". Mi rende più libero. Tornando al lockdown : quando le misure si sono allentate ovvero quando si è ripreso a poter uscire oltre i 200 metri, anche se non si poteva andare negli altri comuni a fare la spesa, allora mi sono tranquillizzato di nuovo. Ma il malessere mi sorgeva e mi sorge tutte le volte che guardavo telegiornali o scrollavo FB e sentivo gente esortare"gli stolti" a usare le mascherine quando non a offonderli. Ovvero 20 ore su 24. Ecco questo in sostanza è quello che ho provato. Ora mi sento meglio, mi sento più confuso di prima, dunque sto bene.