Come si fa, dopo la pandemia, a guardarsi attorno e resistere alla tentazione di spendere qualche ora per fare delle riflessioni sulla società e sulla cultura nella quale siamo immersi, e che viviamo ogni giorno in maniera variamente partecipata? Come si fa a non dare ascolto a quella parte di se che vede in ciò che accade qualcosa di troppo contradittorio per non destare una particolare attenzione? Si può continuare a pensare che le cose stanno così, che il disagio è dentro di se e non fuori, che bisogna trovare il modo di viverlo, si può provare a immergersi nel mondo accettando le sue contraddizioni e gli obblighi sociali e pensare che si può vivere pur non essendo in accordo con alcuni principi, che ci sarà sempre spazio per se stessi, per il proprio animo e per la propria esperienza. E si fa così. Come lo si fa ogni giorno. Ma ci sono quei fatti particolari, come la recente disposizione dell'obbligo a vaccinarsi, che mi portano a voler spendere qualche ora di riflessione. Non voglio impugnare nessuna arma e non voglio lottare o aprire alcun fronte e ancora meno far parte di qualche gruppo di liberazione. Mi interessa esaminare l'armonia culturale nella quale vivo. Che io definirei disarmonica, o piuttosto una composizione minimalista di carattere marziale e agitato.
Sarò prevenuto, emotivamente prevenuto come lo sono tutti gli esseri umani: sarei uno psicolabile se continuassi a voler trovare a tutti i costi delle giustificazioni morali, sanitarie, legali o costituzionali ai diversi decreti che sono stati emanati per "contenere" il contagio e a come i cittadini Italiani vi hanno reagito e anzi li hanno approvati e richiesti. E il punto sta proprio qui: piuttosto che criticare le leggi o vedervi una deriva anti-democratica mi soffermerò sulla superficie "culturale" ed emotiva che soggiace all'emanazione di questi decreti.
Moralismo, perbenismo, conformismo, paternalismo. Queste sono alcune delle parole che mi vengono in mente per definire il modo in cui stato e cittadini hanno reagito alla pandemia. Esse fanno capo a quattro "tòpoi" a cui mi interessa dare forma in qualche modo:
il perbenista, il moralista, il conformista e il paternalista.
Il perbenista
E' un allievo del moralista. Ma a differenza di questo, che si sente un cittadino attivo e partecipe, il perbenista è più un cittadino passivo che si lascia trascinare dalla corrente e aderisce alle cose in maniera bonaria: se quella cosa produce un bene allora quella cosa "va bene". Non si pone problemi e i suoi pensieri vanno abbastanza spicci: una cosa o va bene o va male. Se comincia a pensare non regge il disagio esistenziale e fa di tutto per evitarlo. E qui lo capiamo. Per questo è un finto immacolato, vuole che le cose funzionino, ha paura se le cose vanno male, evita le dispute e appena può se ne torna a casa a pensare a come assecondare la moglie e a quanto tempo di riposo ha per coltivare il suo hobby prima di dover ritornare al lavoro. Dopo avere fatto tutto quello che va fatto per il benessere della propria esistenza solitamente si accorge di non avere affatto tempo e si accontenta di guardare una serie in TV o su Netflix. Il perbenista è un po' un ancella che vorrebbe fare la governante ma vede troppo distante da se questo compito e non si ritiene all'altezza, per cui si accontenta di assolvere al meglio il proprio. Nel suo orizzonte mentale infatti il benessere consiste semplicemente nell'assolvere compiti di responsabilità sempre più elevata. Il desiderio e il piacere personale sono inesistenti o ridotti al minimo.
Il conformista.
L'altra figura di base su cui poggiano le basi della nostra società ossessivo/puritana è quella del conformista. Il conformista non è facile da descrivere come il perbenista. E' a dire il vero, una figura un po' sfuggente, non semplice da esaminare. Nel pensiero comune sarebbe quello che fa qualcosa "perchè tutti fanno così". Eppure sarebbe troppo sbrigativo etichettarlo in questo modo, troppo semplicistico e futile. Anche il conformista è un essere pensante, non è una pecora, ha un cervello e lo usa, si sposa, fa figli, ha amici. Perciò non giudichiamolo come un mezzo decerebrato, il fatto è che usa il cervello in un certo modo, ovvero per aderire alla società o al gruppo a cui si sente di appartenere e, per l'appunto, si conforma. Ha un cervello di superficie, una specie di materia grigia funzionale alla propria innata missione: è come se fosse programmato dalla natura per conformarsi, quello è il suo orizzonte, la sua importanza di vita; l'appartenenza è il valore "naturale" che muove le redini del conformista. Ha perduto l'abitudine di andare a caccia di se e trarne l'unicità del valore, che per lui è tale solo se offre opportunità sociali. Perciò fare di testa propria è contemplato solo in una prospettiva di appartenenza, ma è un problema che molto raramente si pone poichè il conformista si muove all'unisono con gli altri, un po' come gli uccelli quando volano in stormo, non si capisce chi guida chi, quanti sono e che specie sia, e puoi sapere dove sono diretti solo se sei un esperto ornitologo.
Il paternalista.
Il paternalista può offrirsi come il soldato del moralista, ma il suo è un po' un animo da vecchio guerriero, da legionario. Se c'è qualcuno per cui lottare lotta, altrimenti corre anche da solo.
La sua forza d'animo è tenace e resistente. La prima cosa che viene in mente per identificarlo è che il paternalista 90 volte su 100 ha una certa età, cioè dai quaranta in su. Il paternalista è quello che ha accumulato una certa esperienza di vita e a volte qualche minima competenza tecnica da potersi permettere, sapendolo, di non farsi i cazzi propri per spargere il verbo del bene civico. Ha capito quanto la vita sociale sia importante per il proprio ristretto benessere e trova sempre qualche minuto o qualche mezz'ora del proprio tempo (che solitamente impiega per fare cose tipo controllare l'olio della macchina e il filtro motore), per mettere il naso nel tuo giardino e spiegarti come devi tagliare l'erba, solitamente facendoti notare che se continui a tagliarla in quel modo poi corri il rischio di sporcare il marciapiede "perchè domani c'è vento di maestrale", concludendo o aprendo il discorso con un compìto "scusa se mi permetto".
Il paternalista è abbastanza educato, anche cortese e sicuramente intelligente e anche scaltro, e deve esserlo perchè le manovre intellettuali che esercita quando esercita la paternale sono molto delicate. Vi sono due tipi di paternalista. il paternalista inconsapevole e quello consapevole. Tra i due quello consapevole è assai diffuso. Il paternalista infatti trova un certo compiacimento nel suo operare, esso deve venire allo scoperto per assolvere la propria funzione. E poi ha tanta pazienza. Il paternalista pensa sempre che gli altri non capiscono perchè non sono stati educati o informati a modo, il tempo è suo alleato e non c'è niente di meglio per un paternalista che aspettare il momento giusto per entrare in gioco e convincere qualcuno della bontà di una certa opinione, della funzionalità di un certo strumento, della convenienza di una certa azione, delle capacità di un certo strumento etc. La cosa odiosa del paternalista e che ovviamente lo rende diverso da qualunque altra persona che voglia insegnarti qualcosa è che lui innanzitutto dispone insegnamenti non richiesti, che quella cosa te la sta dicendo "per il tuo bene", che te la dice "spassionatamente" e senza interesse, e soprattutto che trova il modo per farti capire che sei ignorante e che lui si trova su un livello più alto del tuo. Perchè il fine ultimo del paternalista è appunto quello di sentirsi un gradino più in alto del proprio interlocutore mostrando benevolenza, tolleranza ed esibendo tutto il valore civico di cui è stato capace di dotarsi nel corso della sua ricca esistenza (in realtà esiste una scala per misurare il paternalismo di una persona che va da 1 a 10; i virologi, che sono irragiungibili, stanno al decimo gradino, all'ottavo ci sono muratori ed elettricisti mentre al nono gradino non si è mai trovato un paternalista disposto a occuparlo, perchè nessuno si sente all'altezza di stare vicino ai virologi).
Invito il lettore a fare attenzione al paternalista poichè la sua presenza è subdola, si nasconde tra la folla e può spuntare quando meno te lo aspetti, si mimetizza in famiglia o tra gli amici. Ti sorveglia silenziosamente e puoi sfuggirgli abbastanza facilmente se hai gli strumenti giusti, ma devi prestare molta attenzione perchè al minimo input esso si risveglia di colpo e si pone in stato di attività come una miccia infuocata corre verso la detonazione e a quel punto puoi solo scappare.
Mi sono dilungato così tanto sulla figura del paternalista perchè ritengo che essa sia sottovalutata. Difatti, se è vero che molti paternalisti con cui ci imbattiamo non sono altro che dei perbenisti malamente mascherati da paternalisti e il loro potere è pressochè nullo, i veri paternalisti, i legionari tenaci e duri che non conoscono resa, pur essendo pochi hanno un gran potere persuasivo e sebbene essi non giochino sempre a favore del moralismo imperante, bastano pochi di essi per educare un esercito di perbenisti i quali a loro volta andranno a sobillare un reggimento di ignari conformisti.
Adesso passerò ad esaminare la figura chiave della nostra disamina, il dominus di quel complesso sistema su cui si reggono i sistemi ossessivo/puritani.
Il moralista.
"Moralismo può anche riferirsi ad un atteggiamento di eccessivo richiamo alla norma nel suo aspetto formale applicato a giudizi che portano spesso ad una disumanizzazione della morale". Da Wikipedia.
Non esistono ancora studi scientifici che dimostrino di quale materia sia composto un moralista, ma è ormai un dato assodato che esso non è un essere umano, bensì una specie di pupazzo, uno spaventapasseri di pezza costruito da pezzi di conformismo, perbenismo e paternalismo incollati con una miscela potente di cemento e resina. La caratteristica determinante di questo pupazzo dalle fattezze umane, che poi è anche ciò che ci permette di individuarlo agevolmente, è la sua capacità colpevolizzatrice. La sua potenza di fuoco è sconvolgente e presso chè infinita, il moralista infatti si autoricarica come le automobili ibride, e potrebbe procedere con la colpevolizzazione per giorni e giorni.
Un buon spaventapasseri esercita la sua professione fino alla morte. Anzi, più passano gli anni e più il moralista si rinforza, col difetto che il suo valore comunicativo decade considerevolmente, nel migliore dei casi su sfoghi abbastanza innocui ma rabbiosi, nel peggiore dei casi su soliloqui nevrotici. Sono frequenti i casi in cui il collante che mette insieme i pezzi del moralista viene a cristallizzarsi causando lo scollamento delle varie parti per cui il moralista si ritrova a pezzi senza più una ragione di vita. Sono questi i casi in cui il pupazzo potrebbe mutare in essere umano vero e proprio, risorgere dalle proprie ceneri o come una farfalla vedere la luce uscendo dal proprio bozzolo. E invece il moralista chiede il sostegno di altri spaventapasseri che lo aiutano a rimettersi in sesto, incollandone i pezzi con la medesima colla che ne ha causato il dissesto. In questi casi le ricadute sono assai frequenti e il moralista ne utilizzerà le ferite come motore delle proprie nevrosi sfogandole durante le sue acide filippiche.
Egli pensa che fondamentalmente l'ostacolo che si frappone tra il paradiso e la società iniqua in cui si trova a vivere non sia altro che l'insipienza umana, il cattivo senso civico e l'egoismo. Perciò è specializzato nell'individuazione di bersagli su cui sfogare le proprie frustrazioni sotto forma di denigrazione e stigma. Il moralista attivo ha una condotta impeccabile, è una specie di soldato civile, di quelli che stressano il cameriere se non trovano il latte di riso a disposizione, o sono pronti a prendersela col primo vigile urbano che passa se non trovano un cestino per i rifiuti.
Non importa che sia di destra, di sinistra o berlusconiano, egli cerca di essere un buon cittadino e spesso piega i propri desideri al buonsenso della propria condotta, cosa che lo rende più aggressivo e inquieto quando si accorge che qualcuno non si sacrifica come lui per il benessere sociale. Potremo definirlo come un conformista mancato: troppo sensibile per far parte della schiera del consumatore modello, sente di avere ancora uno spirito e un'animo, ma sono atrofizzati dalle sue ossessioni civiche, per questo ha perduto l' indipendenza del sentimento e il suo essere è decaduto al servizio dei propri valori, costi quel che costi, alla ricerca costante di qualcuno da giudicare e colpevolizzare.
Queste sono le quattro figure chiave di cittadino modello sulle quali fa leva qualsiasi forma di regime democratico o non democratico per assumere consenso e ottenere fiducia. Sulla rivista Lancet sono stati pubblicati tutti gli studi scientifici del caso.
Viviamo una società puritana ossessionata dal controllo e impaurita dalla malattia e dalla decadenza fisica, che pur di non ammalarsi si è inflitta dei dolori assurdi autoflagellandosi come i frati del medioevo, sacrificando la vita per continuare a vivere. Ci ha portato a chiuderci in casa per un anno allontanandoci gli uni dagli altri, indossare inutilmente mascherine all'aperto e adesso si assume il compito di obbligare i cittadini a non ammalarsi, come se essi non aspettassero altro.
Qualcuno ha detto che la libertà e la democrazia si costruiscono, e sono d'accordo, ma penso che si stiano usando i mattoni sbagliati e che non ci sia un buon ingegnere dietro.
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